Cosa frena davvero il software libero nella PA?

Simone Piunno
5 min readApr 11, 2022

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Vi siete mai chiesti come mai Wikipedia funziona così bene, come sia possibile che abbia così tanti articoli di altissima qualità aggiornati quasi in tempo reale, mentre invece i servizi della Pubblica Amministrazione spesso arrancano?

La barca si muove veloce solo se remano tutti.

Wikipedia è basato su una comunità di migliaia di volontari che contribuiscono ognuno con un pezzettino: chi scrive un articolo, chi lo rilegge per verificare che sia corretto, chi lo migliora / corregge / aggiorna, etc.

Con questa organizzazione lo sforzo necessario viene diviso su tanti e diventa sostenibile per tutti, così anche una organizzazione di volontari è in grado di creare e manutenere la più grande e autorevole enciclopedia nonché uno dei 10 siti internet più visitati al mondo.

La partecipazione e la divisione dei costi sono anche alla base della filosofia del software libero (o open source, a seconda delle correnti di pensiero) e di molti dei progetti software che fanno funzionare Internet.

Il legislatore ha ritenuto questo fatto talmente rilevante e strategico da meritare la creazione due articoli di legge, che obbligano le PA ad utilizzare lo stesso sistema per la creazione delle piattaforme software necessarie al proprio funzionamento, condividendone lo sviluppo in maniera collaborativa. Si tratta, in particolare, degli articoli 68 e 69 del Codice dell’Amministrazione Digitale (CAD).

Purtroppo, però, anche se tali articoli sono vigenti da alcuni anni, la realtà è che le PA faticano ad adempiere all'obbligo e così, nel tempo, diverse iniziative sono state messe in campo per creare consapevolezza e facilitare il compito dell'amministratore pubblico, tra cui ad esempio il sito Developers Italia, che è il catalogo nazionale delle iniziative di software libero per la PA, le Linee Guida su acquisizione e riuso di software per le pubbliche amministrazioni e la Guida allo sviluppo e gestione del software libero, che sono i manuali che il personale della PA può leggere per capire come deve muoversi.

Si può fare meglio e di più? Ovviamente! Se vogliamo accelerare bisogna però fare attenzione a mirare sugli aspetti che impattano davvero.

Ad esempio questo articolo ci spiega che il problema che frena il decollo degli articoli 68 e 69 del CAD sta nel linguaggio con il quale è stata scritta la Guida:

La “Guida allo sviluppo e gestione di software libero” contiene molte pecche e una serie di leggerezze, a partire dall’indice e passando per linguaggio e definizioni. Con questi presupposti, si capisce la fatica degli amministratori a capire e soprattutto utilizzare i suggerimenti del manuale stesso.

Sarà davvero qui il problema?

Per carità, le osservazioni mosse dall'articolo sono singolarmente corrette, nello stesso modo in cui hanno assolutamente ragione i grammar-nazi quando sui social mi correggono se ho scritto "perchè" con l'accento grave invece che quello acuto, ma personalmente non credo che il vero freno all'adozione del software libero nella Pubblica Amministrazione stia qui.

Anche perché i dipendenti della Pubblica Amministrazione sono abituati a leggere e decodificare tutti i giorni testi come questo:

«Dal 10 gennaio 2022 fino alla cessazione dello stato di emergenza epidemiologica da COVID-19, l’accesso ai servizi e alle attività, di cui all’articolo 9-bis, comma 1, lettere c), d), f), g), h), del decreto-legge 22 aprile 2021, n. 52, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 giugno 2021, n. 87, è consentito esclusivamente ai soggetti in possesso delle certificazioni verdi COVID-19, di cui all’articolo 9, comma 2, lettere a), b) e c-bis) del decreto-legge n. 52 del 2021, nonché ai soggetti di cui all’articolo 9-bis, comma 3, primo periodo, del decreto-legge n. 52 del 2021.»

Io invece credo che il software libero nella Pubblica Amministrazione non abbia ancora ingranato soprattutto perché i dipendenti pubblici non hanno capito che non si tratta di qualcosa di cui si occuperanno altri, di qualcosa che arriverà dall'alto e di cui, come al solito, potranno limitarsi a criticare le pecche e le leggerezze.

Mi dispiace usare come esempio negativo l’articolo di Flavia Marzano, che nella sua carriera si è spesa per la causa del software libero e per questo gode della mia stima, però ho l’impressione che, se perfino lei cade in questo equivoco, allora abbiamo davvero un problema.

Infatti, come Wikipedia anche il software libero è comunità e funziona se tutti si tirano su le maniche e contribuiscono con un pezzetto. In fondo la filosofia del software libero è questa. Se una pagina di Wikipedia ha qualcosa che non va le persone si collegano e la sistemano!

A me sembra che il tempo e le energie che Flavia e Agenda Digitale hanno investito per scrivere e pubblicare un post di oltre 1400 parole avrebbero potuto essere usati per correggere direttamente sul GitHub del progetto i difetti riscontrati, e così ora i difetti sarebbero già corretti!

Alla fine è un tema di più fatti e meno chiacchiere.

Come dice l'Assessore Palmiro Cangini: "Fatti, non pugnette!"

Dite che è troppo difficile? Allora vediamo: prima di tutto si clicca quella icona vicino alla parola Sorgente:

Così facendo si raggiunge il luogo dove è contenuto il testo originale della pagina che abbiamo visto un attimo fa:

Ora si clicca sulla matita per andare in modalità di modifica e si apre l'editor nel quale, ad esempio, posso modificare il titolo come suggerisce Flavia e aggiungere la parola "alla" subito prima della parola "gestione", o qualunque altra modifica mi venga voglia di proporre:

Infine ci si sposta in basso, si spiega cosa è stato fatto, scrivendolo nell’apposito box, e si termina cliccando il bottone verde:

Fatto! La modifica finisce in una coda di lavorazione dove il responsabile della manutenzione del progetto con un paio di click potrà esaminarla, approvarla e mandarla in linea sul sito principale.

Ci vuole davvero così tanto?

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Simone Piunno
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Written by Simone Piunno

CTO @ Bocconi — Formely CTO @ Digital Transformation Team — Digital manager, geek, technology enthusiast, agilist, gospel singer.

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